D.O.C. messinese, riflettori puntati da Assovini Sicilia 0

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Messina. Due mari, il Tirreno e lo Ionio, e tre D.O.C, Faro, Mamertino e Malvasia delle Lipari, che trovano maggiore attenzione tra i professionisti grazie ai riflettori puntati da Assovini Sicilia.

Queste vigne crescono rigogliose attorno a una delle più antiche città di Sicilia, Zancle, l’odierna Messina, colonia greco-siceliota fondata tra il 750 e il 715 a.C. da cumani e calcidesi.

Assovini Sicilia al fianco dei produttori

I vini nascono dalla complicità di vitigni autoctoni dalla vibrante personalità, uniti a paesaggi e suoli di grande espressione. Tra questi, la malvasia delle Lipari, il nocera e il corinto nero. A cui si affiancano altri vitigni isolani come catarratto, insolia, grillo, nerello mascalese, nerello cappuccio e nero d’Avola.

Assovini Sicilia sostiene i produttori delle tre D.O.C. e dei loro territori: “Vogliamo esprimere il concetto di vino-territorio per promuovere i diversi areali siciliani – afferma Laurent Bernard de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – insieme alla loro storia e al loro patrimonio artistico, attraverso le azioni di comunicazioni, marketing, press tour. Infatt, parlare di vino siciliano significa narrare il suo territorio”.

Undici sono i produttori in Assovini Sicilia che rientrano nelle tre denominazioni, dalle vigne sui Monti Peloritani della D.O.C. Faro alla costa tirrenica e ionica della D.O.C Mamertino, fino all’arcipelago delle Isole Eolie, terra della D.O.C. Malvasia delle Lipari. È la forza di un territorio che non ha eguali e che offre a turisti e gourmet un’eccellente tradizione gastronomica a fianco di cultura e bellezze naturali.

I produttori:

D.O.C. Faro: Le Casematte, Palari

D.O.C. Mamertino: Gaglio Vignaioli, Planeta, Feudo Solaria, Vasari

D.O.C. Malvasia delle Lipari: Cantine Colosi, Tenuta di Castellaro, Florio, Tasca d’Almerita, Barone di Villagrande

Un po’ di storia

I vini del messinese erano noti soprattutto dal XIV secolo, quando gli aragonesi governavano la Sicilia. Tuttavia, i riferimenti più conosciuti sono quelli legati all’antica Roma. Giulio Cesare pare apprezzasse particolarmente il vino Mamertino, citandolo persino nel De Bello Gallico. Strabone, geografo romano, e Marziale classificarono il Mamertino fra i migliori vini dell’epoca. Tra gli altri riferimenti letterari, in “Molto rumore per nulla” – la commedia teatrale scritta da William Shakespeare nel 1599 – la storia inizia con il ritorno a Messina del principe Pedro d’Aragona, seguito da cavalieri d’armi. Qui Leonato, governatore della città, offre al capitano di giustizia Corniola il vino di Messina.

La D.O.C. messinese
La D.O.C. messinese

La D.O.C. Faro

Quasi “cittadina” la dimensione della D.O.C. Faro, la cui zona di produzione si sviluppa nel solo Comune di Messina, da Giampilieri Marina a Capo Peloro per 32 km nella fascia jonica, e da Capo Peloro a Ortoliuzzo per 24 km nella fascia tirrenica, per 900 ettari totali. Riconosciuta ufficialmente nel 1976, il nome “Faro” pare derivi dall’antica popolazione greca dei Pharii, che colonizzarono Capo Peloro (Faro) e gran parte delle colline messinesi, svolgendo attività agricola e in particolare dedicandosi alla coltivazione delle vigne. Quest’area della Sicilia vanta un’antichissima vocazione vitivinicola. Infatti, il vino Faro era prodotto già in età Micenea (XIV secolo a.C.).

Nel XIX secolo il vino Faro veniva esportato in molte regioni della Francia e utilizzato come vino da taglio dei vini di Borgogna e di Bordeaux, in concomitanza con gli attacchi di fillossera che interessarono il Nord Europa e la Francia in particolare.

La D.O.C. Mamertino

L’area di produzione della D.O.C. Mamertino, tra la costa Tirrenica e le montagne, abbraccia trentaquattro comuni messinesi per circa cento ettari totali. Un territorio “vista mare” con altezze che raggiungono anche i 500 metri s.l.m.

Riconosciuta ufficialmente nel 2004, per questa D.O.C.  possono essere utilizzate le varietà bianche grillo, ansonica (insolia) e catarratto normale o lucido, a cui possono aggiungersi, in percentuali minime, le altre varietà ammesse. Mentre per rossi, nero d’Avola e nocera, in percentuale minore e per un massimo del 15% altre varietà a ammesse.

La D.O.C. Malvasia delle Lipari

E anche la D.O.C.  Malvasia delle Lipari trae le sue origini in un lontano passato. Per Diodoro Siculo, storico greco-siceliota vissuto tra il 90 e il 27 a.C., l’introduzione del vitigno si deve ai colonizzatori greci, giunti nelle Eolie intorno al 588 a.C.

Nell’800 il commercio dei vini delle Eolie si diffusero in tutta Europa, grazie agli inglesi di stanza a Messina. Lo scrittore Alexandre Dumas, nel suo diario di viaggio sulle Eolie, annotò: “Venne portata una bottiglia di Malvasia delle Lipari; fu il vino più eccezionale che abbia mai assaggiato nella mia vita”.

Riconosciuta ufficialmente nel 1973, la D.O.C. include le sette isole Eolie, Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli e Vulcano. L’arcipelago comprende ben due vulcani attivi, Stromboli e Vulcano. Nel 2000 le Eolie sono state proclamate patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. La vite è coltivata soprattutto nelle isole di Salina, Lipari e Vulcano, mentre il clima è caratterizzato da una accentuata ventosità marina.

Le varietà di uva contemplate nel disciplinare di produzione includono solamente la malvasia di Lipari sino al 95%, con una piccola percentuale di corinto nero compresa tra il 5 e l’8%. I vini prevedono le tipologie passito, liquoroso (con alcool aggiunto) o secco, in base alla percentuale di zuccheri naturali presenti nel vino.

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