Less is more: è “Schietto” il Merlot siciliano secondo Principi di Spadafora 0

MONREALE (Pa). Comincia oggi la Merlot Week dei Principi di Spadafora, azienda sulle colline di Virzì nel Monrealese in provincia di Palermo. Una settimana social dedicata al re dei vitigni internazionali che ha avuto un debutto online in anteprima per “Don Pietro Rosso”, dal 1993 primo della stirpe, e per “Schietto”, quest’ultimo monovarietale che si affianca alle altre etichette della linea “Schietto” e che rappresenta un’ulteriore espressione del terroir di Virzì.   Rispetto della Natura, dell’ambiente, del consumatore. Regime bio e prodotti naturali, oltre che strenui sostenitori del “Less is more”. Sono questi i fermi capisaldi di Francesco ed Enrica Spadafora.   Pensi Merlot e pensi “morbidone” e “piacione”. Vero. A Francesco, però, piace stupire e risalire la corrente, anziché farsi trasportare. Il Merlot si adatta sempre, ma essendo varietà precoce ha una curva temporale di maturazione differente. Nelle zone calde questa precocità porta a non poche difficoltà per il raggiungimento della maturazione tecnologica.   Per il Merlot è la morbidezza il suo elemento cardine, ma per Francesco Spadafora questa va governata sapientemente così da essere accessorio di un ensemble armonico, anziché primadonna.   Il vino è figlio del territorio e ad entrambi i vini piace esprimersi diretti, incisivi, con una tannicità equilibrata. Melange derivante dai due cloni del vitigno: uno italiano, l’R12, strutturato; l’altro francese, più distinto. Vien fuori un vino importante, ma fruibile e parecchio piacevole in entrambe le espressioni.     Lieviti indigeni, fermentazione spontanea, preparazione dello starter che servirà ad inoculare i mosti in arrivo in cantina. È qui l’impronta del territorio. Niente SO2 aggiunta, se non quel piccolo quid ampiamente sotto i livelli consentiti dal bio (23 mg/l per lo “Schietto”, 15 mg/l per il “Don Pietro”). Il risultato è tangibile nella “naturalezza” degli aromi tipici di riferimento. Un prodotto senza omologazioni e singolare. Segnale importante, questo, per evidenziare i meticolosi ed attenti lavori in vigna di un anno.   Oculatezza che va ben oltre, però, il mero scansare qualsiasi prodotto di sintesi. L’azienda, infatti, utilizza energie alternative, vetri leggeri, tappi bio a base canna da zucchero e soprattutto ama presentare le bottiglie solo quando è il momento, nonostante il mercato predichi velocità.   Rese basse che vanno dai 40 hl/ha dello “Schietto” ai 50 del “Don Pietro”. Dieci giorni di maturazione per entrambi. Un anno in vasca per il blend, mentre uno di cemento e uno in acciaio per “Schietto”. Poi è tutto lento tempo in bottiglia. E le vendemmie presentate sono entrambe 2016.   Bel colore rubino il “Don Pietro” composto da Nero d’Avola, Cabernet Sauvignon e Merlot in proporzione 40-30-30. Frutta rossa matura, spezie dolci, cenni minerali di ardesia e quel lieve tocco “verde”. In bocca ha buona struttura e ha nella freschezza un buon punto di forza.  

Schietto” è prodotto solo nelle annate “positive” per Spadafora e solo in 7 mila bottiglie. Rosso rubino molto carico, sorprende per ampiezza di bouquet. Ciliegia, ribes nero, mirtillo, tocchi vegetali che ricordano il mirto e la salvia. Poi spezie nere e dolci, arricchite da una preziosa, inebriante e fine nota di arancia amara, quest’ultimo – come diceva il padre dell’enologia moderna, Emile Peynaud – segno tangibile di vino di gran pregio. 

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