Curatolo Arini, tra Marsala e autoctoni: da 145 anni grande realtà vinicola 0

MARSALA. È oggi l’azienda produttrice di Marsala più antica gestita ancora dai discendenti del fondatore in quel comprensorio. Era il 1875 quando veniva posata la prima pietra del Teatro Massimo di Palermo e quando debuttava la “Carmen” di Georges Bizet al teatro Opéra-Comique di Parigi.

Nello stesso anno solare Vito Curatolo iniziava a dare vita alla propria azienda vitivinicola al centro dei suoi vigneti a Marsala, oggi come allora impianto enologico all’avanguardia. E proprio in questo anno nasce quella che oggi è l’azienda Curatolo Arini.

Quasi un secolo e mezzo di storia

La storia della famiglia è da circa un secolo e mezzo un intreccio di armonie, costellate da coraggio e lungimiranza, in piena sintonia con la concezione del fondatore Vito. Armonie non solo tra intere generazioni (oggi i Curatolo sono alla quinta, ndr) ma anche con il territorio e soprattutto con gli uomini che, con la propria abnegazione e devozione al duro lavoro, hanno permesso la storia più che secolare di questa azienda emblematica di Marsala.Sul finire del XIX secolo la Curatolo Arini comincia sempre più ad acquistare caratura internazionale, rivolgendo i propri interessi verso l’Europa e verso le Americhe, in particolar modo verso Argentina e Panama.

Ancora oggi l’azienda ha un prezioso filo rosso con l’estero. I vini Curatolo Arini, infatti, raggiungono i quattro angoli del mondo e sono conosciuti grazie ad un export che tocca il 90% di una produzione interna di circa 2 milioni di bottiglie, di cui il 50% rappresenta vino Marsala. In particolare i paesi tradizionali, USA ed Europa, e orientali, come Cina, mercato importante ed in ascesa, e Giappone, la cui cucina si accompagna molto volentieri a calici del vino fortificato siciliano.

L’orgoglio delle etichette
in stile “Liberty” siciliano

Sempre sul finire dell’800 Vito Curatolo commissiona il primo disegno delle etichette delle sue bottiglie allo studio del più grande esponente dello stile Liberty siciliano o Art Nouveau: l’architetto Ernesto Basile. Etichette, tutt’oggi in uso, che sono presenti con le stesse raffigurazioni di oltre 120 anni fa e che rappresentano per la famiglia orgoglio e fierezza, dal momento che sono dappertutto apprezzate grazie alla loro classe, eleganza e ricercatezza di stile.

Nel 1896, alla morte di Vito Curatolo, la guida aziendale passa ai figli FrancescoVitoLeonardo e Giuseppe che portano a compimento l’ingrandimento di quella che oggi è una grande realtà imprenditoriale.

All’inizio degli anni ’70 Curatolo Arini trova una grande intesa col gruppo canadese Seagram, col quale attua una joint-venture per la produzione di vini da tavola sotto la direzione enologica del Davis Wine Institute della California. Nasce, così, il vino Tonino, interamente dedicato al mercato estero: fresco, giovane, poco alcolico, perfetto ed ideale per un consumo non impegnativo.

Non solo Marsala

Qualche anno più tardi, alle soglie dei ’90, la rilevante collaborazione con Alberto Antonini, enologo di fama internazionale, sotto la cui egida nasce la linea dei “Monovarietali”, emblematica per la caratterizzazione e l’espressività territoriale dei vitigni autoctoni siciliani come Grillo, Inzolia, Catarratto, Zibibbo, Nero d’Avola e Syrah, quest’ultimo oggi tra i vitigni internazionali più siciliani. Il contributo di Antonini facilita non poco l’ingresso nelle migliori enoteche e nei migliori ristoranti del mondo dei “monovitigno”, oltre ai già famosi vini Marsala, legittimandoli al successo e alla popolarità tra i consumatori.

Ad affiancare Antonini poco più avanti sarà l’enologo “casalingo” Antonino Reina, a cui si deve la tecnica della iper-riduzione, ossia di lavoro in totale assenza di ossigeno, già sin dalla raccolta delle uve. Questa pratica consente, così, di preservare in modo intatto gli aromi varietali, in special modo per Zibibbo e Grillo aventi note più aromatiche, mentre per i rossi prevede una particolare macerazione che vuole che il 30% circa della massa stia a contatto con le bucce a soli 5 °C, al fine di ottenere prodotti più ricchi in complessità, specialmente in aromi fruttati e speziati, oltre che in persistenza aromatica intensa.Ogni nuova generazione che è seguita alla precedente ha sempre contribuito a scrivere una nuova pagina di libro della storia dell’azienda, proseguendo a dar vita, così, alle lungimiranze ancestrali del capostipite Vito Curatolo. Oggi sono Roberto, nipote di Vito, e Sergio, suo pronipote, a portare avanti il sogno del capostipite aziendale. Negli ultimi tempi è subentrata la collaborazione dei rispettivi figli, Riccardo ed Alexandra.

Sono quattro gli areali di produzione da cui provengono le uve per i vini della famiglia Curatolo Arini.

Chirchiaro. Siamo a circa 40 chilometri da Marsala, fra Salemi e Vita, a 500 metri di altitudine. Qui prendono vita Grillo, Inzolia e Catarratto, i cui impianti sono a spalliera con esposizione ad Est, potatura a guyot e su terreni a medio impasto.

Gagliardetta. Siamo a Castellammare del Golfo a circa 300 metri sul livello del mare. Qui è la casa dello Zibibbo. Il suo clima caldo e, al tempo stesso, ventoso lo rendono habitat perfetto per il vitigno aromatico principe della Sicilia. Gli impianti ancora a spalliera con esposizione ad Est, potatura a guyot su terreno sabbioso.

San Cataldo. La provincia è quella di Caltanissetta. Qui caldo, altitudine e distanza dal mare sono parametri che creano un’eccellente escursione termica che assicura una maturazione ottimale per le uve. È la casa del Nero d’Avola e si è a 500 metri di altitudine su terreno a medio impasto. Sempre viti a spalliera, stavolta esposizione a Sud, con potatura a guyot.

Fulgatore. Siamo a pochissimi chilometri da Trapani e il vigneto si trova su un terreno di matrice calcarea situato a 200 metri sul livello del mare. La zona prende il nome di Sciarra Soprana che poi dà la denominazione al Nero d’Avola Riserva di curatolo, vino di punta. Microclima eccezionale per la maturazione delle uve, piantate sempre a spalliera, con esposizione a Sud e col sistema a guyot.

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