Perricone 170, la mission di Terre di Gratia sul vitigno “medico” riscoperto 0

CAMPOREALE (PA). Espressione naturale dell’areale di Camporeale (Pa) da far conoscere a tutto il mondo. È questa la forte scommessa di Terre di Gratia e dei due fratelli palermitani Rosario e Gaspare Triolo (nella foto). Dal 2005 (l’azienda ha oltre 80 anni) coltivano, oltre melograni ed ulivi che danno un olio extravergine di oliva di ottima qualità, solo vitigni autoctoni in rigoroso regime bio. Perché essi amano il sole e hanno a cuore la loro terra che rispettano. Nei loro vini la c’è tutta la Sicilia.

Grillo, Catarratto, Nero d’Avola e Syrah, che sarà pure di origini persiane o della Côtes du Rhône, ma da queste parte parti è assolutamente un autoctono aggiunto: sono queste le uve di Terre di Gratia.

E negli ultimi anni una scommessa: ridare nuova luce al Perricone, vitigno che, solo qualche vendemmia fa, pareva essere scomparso del tutto o quasi. La prima grave crisi si registra durante la terribile epidemia fillosserica, che decima i vigneti siciliani nella prima metà dell’800. Il Perricone, vulnerabile all’insetto, riesce comunque a recuperare terreno, grazie al trend positivo del Marsala. A partire da metà ‘900, invece, col declino qualitativo di quest’ultimo, inizia una inarrestabile decimazione dei vigneti. Attualmente il Perricone si estende solo in poco più di 200 ettari, appena lo 0,3% del totale regionale.

Oggi, col rinascimento della Sicilia del vino, il Perricone è “incaricato” di profondere nuova linfa e personalità alla viticoltura isolana. Il progetto di recupero è cominciato e questa è oggi la scommessa: valorizzare questo vitigno difficile, austero, scontroso, ma pur sempre straordinario, nel suo terroir d’elezione, scongiurandone l’estinzione.

Il “170” è la parcella. Indica la parte più antica del vigneto di appena un solo ettaro. Le vigne sono vigorose e basse. Suoli franco-argillosi a 150-300 metri d’altezza. Vendemmia a mano. Raccolta in cassetta. La peculiarità dell’uva è così preservata e garantita al consumatore. Macerazione sulle bucce per 15 giorni. Niente legno. Acciaio per 5 mesi, bottiglia per 6. Cinquemila quelle stagionali.
Prima annata: 2015.

Noi degustiamo la terza uscita: la 2017

È rosso rubino inchiostro a tonalità porpora. Praticamente blu. Ruota compassato nel calice come un derviscio persiano. Ha una rilevante estrazione polifenolica. Lacrima fitta e lenta. È straordinario l’impatto dei profumi sulla mucosa olfattiva. Quantità e qualità investono fragorosamente la mucosa olfattiva quando lo respiri.


Subito appare la ciliegia blu croccante e succosa, corroborata da sensazioni vegetali e balsamiche di mirto, ginepro, mentolo e macchia mediterranea. Poi speziatura come pepe nero, liquirizia e rabarbaro, ma anche note dolci di zucchero a velo e cannella. Sconvolge e meraviglia la nota ematica che accosta quelle terrosa e ferrosa: sembra aver davanti una bistecca al sangue ancora da sistemare sulla brace. Ci sono persino accenni di polvere di caffè e di cioccolato fondente. Dei piccoli sbuffi di “ospedale” come mercuro cromo e iodio evidenziano la nota quasi terapeutica. Il Perricone, infatti, è proprio detto vino “medico” per via delle sue doti naturalmente antiossidanti del resveratrolo, una molecola nemica dell’invecchiamento che trova in questo vitigno una concentrazione quasi doppia rispetto agli altri suoi “cugini” rossi. Insomma, verrebbe da dire: più lo bevi e più stai bene.

Il suo tannino è luce-guida. Un poeta vate dei versi armoniosi di questo Perricone. È presente, marcato, rilevante. Ma ha una grazia ed una lunghezza che, nonostante il non-legno, potrebbe sfidare le leggi del tempo dell’evoluzione. All’ingresso riempie. Appaga e soddisfa. Freschezza e sapidità corroborano il sorso e sembrano non fare affiorare le note pseudocaloriche del 13,5% di alcol. Succo di ciliegia, balsamicità, zucchero a velo, note ferrose ed ematiche: in bocca torna tutto il “naso”. Lungo, lunghissimo. Vorresti che non finisse mai per la piacevolezza di frutto che ti regala.

Monumentale o quasi

Sta bene con tanti piatti: Ragusano, Piacentinu ennese, salsiccia secca, stracotto di manzo, brasato al Perricone, falso magro al sugo, arista arrosto, anelletti alla palermitana, pasta alla norma, filetto in crosta alla Wellington, fettuccine burro e tartufo, tagliatelle ai funghi porcini.

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